C’è una strana magia che caratterizza l’Irlanda: forse è solo la suggestione derivata da leggende fantasiose ma sedimentate per così tanti secoli nella memoria collettiva da influenzare anche lo sguardo del turista che nell’isola verde ci mette piede per la prima volta. Storie di folletti, di giganti, di arcobaleni e di pentole magiche.
Atterri a Dublino e ti lasci catturare dalla vitalità di questa città, dai suoi pub e dal suo aspetto britannico.
Bella sì, ma simile a molte altre.
E’ solo addentrandoti nell’Irlanda vera, quella verde smeraldo dei prati saturati dalla pioggia e punteggiati di pecore e mucche, allora e solo allora inizi a pensare di essere in un posto fatato.
Se da Dublino affitti un’auto e ti muovi verso ovest per raggiungere la sponda opposta dell’Irlanda arrivi alla Wild Atlantic Way, una strada costiera che si estende dalla contea di Cork a sud ovest dell’isola a quella del Donegal a nord ovest.
Percorri tutte le miglia della Wild Atlantic Way e ti sorprenderai ad attraversare una miriade di paesaggi diversi che si discostano gli uni dagli altri anche di molto mano a mano che sali verso nord o scendi verso sud. Ma fai attenzione, ci saranno delle costanti ad accompagnarti nel viaggio: dalle case senza balconi, alle strade strette di campagna, dai pub che non mancano in ogni villaggio per quanto piccolo esso sia, agli animali al pascolo, all’oceano.
L’oceano Atlantico.
L’enorme distesa d’acqua che si estende oltre l’orizzonte e che accompagna il tuo sguardo miglio dopo miglio, a volte riempiendoti gli occhi con la sua immensità e potenza, altre facendosi piccola all’angolo del tuo occhio ma senza scomparire mai di fatto.
E’ stato proprio l’oceano l’elemento della natura che durante il mio viaggio in Irlanda mi ha colpito più di ogni altro, quello che è stato in grado di emozionarmi in modo inaspettato. Iniziando dalle scogliere del Clare su cui le onde si infrangono impetuose, potenti e pericolose generando boati simili a tuoni: lì affacciata sul vuoto ho sentito l’oceano agitarsi dentro di me e muovermi le viscere mentre lo sguardo era ipnotizzato dal rimescolarsi delle onde. Le emozioni erano sicuramente tante e potenti, i pensieri invece erano silenziati da quel rumore.
Di fronte a quella prova di potenza e lontana sul picco della scogliera ho pensato che l’oceano fosse qualcosa di distante ed inarrivabile. Poi dopo qualche curva in discesa ho raggiunto una spiaggia sabbiosa, mi sono tolta scarpe, calzini e ho immerso i piedi nell’acqua in cui non pochi pazzi pensano addirittura di fare il bagno. E l’oceano in quel momento l’ho sentito vicino, sembrava addirittura delicato, seppur gelido.
Poi, per raggiungere le isole Aran (che quelle sono il luogo più fatato di tutti in assoluto) ho affrontato un’ora di navigazione su quello che sembrava essere un vecchio peschereccio riconvertito in traghetto sgangherato mentre l’oceano intorno a me era piuttosto incazzato. Come un topolino che naviga in mezzo guscio di noce ho realizzato quanto la natura sia potente e quanto per contro l’essere umano sia debole.
E poi di nuovo la pace dei tramonti che sembrano non finire mai. Un’illusione ovviamente: mi è bastato un attimo per rendermi conto che la palla infuocata che stentavo a fissare senza trasformare gli occhi in due fessure veniva rapidamente inghiottita da quel mare che catturava i raggi e li restituiva al mondo sotto forma di miliardi di pagliuzze d’oro da distribuire sulla superficie leggermente increspata.
Però non vorrei essere riduttiva: non c’è solo oceano Atlantico lungo la Wild Atlantic Way. Ci ho trovato tramonti, colori cangianti, terra, pietre, energia cosmica, un po’ di me stessa, silenzio e musica. E ancora una sorprendente varietà di paesaggi: dal verde rigoglioso ed ordinato del Kerry mi sono ritrovata nella distesa lunare del Burren e poi in una contea di Galway simile ad una steppa.
Sorrido a chi mi chiede se in quei giorni ho visto solo pecore. Sorrido perché è più facile farlo che cercare di spiegare la pura bellezza che mi ha accompagnata in quest’avventura irlandese, perché è difficile razionalizzare l’oceano di emozioni che ha suscitato dentro di me.
Non so se l’Irlanda fa questo effetto a tutti o se questo era semplicemente un viaggio che era “nelle mie corde”, e non so se si possa trovare per davvero un leprauchan tra le curve della Wild Atlantic Way, ma posso dire a gran voce che io la magia che si tramanda nelle leggende irlandesi l’ho vista e l’ho sentita in ogni singolo stelo d’erba mosso dal vento, in ogni pietra bagnata dalla pioggia ed arsa dal sole.
Adoro gli on the road a tutta natura e le scogliere irlandesi sono uno dei miei sogni nel cassetto.
Bellissimo post Valentina, molto sentito.
Un abbraccio ♥
Spero che il sogno diventi presto realtà perché merita tantissimo… E sono contenta che si sia percepito quanto l’ho sentito questo post! 😀
Un abbraccio a te! :*
Nelle tue parole ho rivisto i miei due viaggi fatti in questa terra magica che, davvero , come dici anche tu esercita un richiamo quasi ancestrale alimentato anche da storie e leggende che sembriamo conoscere da sempre.
Le mile sfumature di verde, la pioggia, il sole e poi ancora la pioggia, le pecore, l’oceano, ma soprattutto…il vento, a volte così forte da togliere il respiro.
L’Irlanda è pura magia!
Ci capiamo Elena!
Vorrei tornare lì subito a farmi “pettinare” dal vento! 😀
Wow, Vale…che bellissimo racconto! Mi hai trasportato lì, a picco sull’Oceano per qualche minuto!
Sono stata in Irlanda un po di anni fa e un on the road come il tuo è sicuramente uno dei prossimi sogni da spuntare dalla lista!!
A me chiedono se quest’estate in Scandinavia ho visto solo renne… io rispondo che c’erano anche molte pecore in effetti!!!
Un abbraccio, Mery
Ciao Mery, sono contenta di averti trasmesso un po’ di voglia di Irlanda! Io invece ho il resto del Nord Europa (Scandinavia inclusa) nella lista dei viaggi! 😉