Il Mincio è un fiume che regala paesaggi magici, me ne sono resa conto nel mio weekend lì.
Nella parte lombarda del suo scorrere il fiume Mincio è protetto all’interno del Parco del Mincio, che è l’ente che cerca di salvaguardare l’integrità del fragile ecosistema che caratterizza le anse e lo scorrere di questo corso d’acqua che nasce dal Lago di Garda, attraversa colline e zone di pianura, la meravigliosa Mantova e si tuffa sul fiume Po.
Se ami la natura scoprire il Mincio dall’acqua è meraviglioso, quindi la soluzione migliore è partecipare alle escursioni in barca dei Barcaioli del Mincio, un gruppo di barche che salpano solitamente dal piccolo paesino di Grazie – a pochi km da Mantova – e che accompagnano i gruppi in itinerari con guide naturalistiche tra le valli e gli habitat palustri, attraccando a Rivalta sul Mincio.
Santuario della Beata Vergine delle Grazie
L’itinerario in barca tra le valli del Mincio inizia solitamente qui: accanto al Santuario c’è una stradina che porta ad un parco verde affacciato sul fiume. Da lì salpano le barche dei Barcaioli del Mincio.
E’ un gran peccato arrivare fin qui senza entrare a dare un’occhiata alla chiesa della Beata Vergine delle Grazie di Curtatone perché oltre all’aspetto religioso che la rende un luogo di pellegrinaggio importante per molti fedeli, artisticamente i suoi interni sono veramente particolari.

Questa chiesa venne fatta costruire da Francesco Gonzaga nel XIV secolo come voto alla Madonna che aveva messo fine all’epidemia di peste che colpì Mantova. Il santuario venne gestito dai frati francescani che decisero di utilizzare statue in cartapesta – che tuttora adornano la chiesa – a scopo educativo.
Ecco perché vi dicevo che l’interno del Santuario di Grazie è fuori dall’ordinario: i muri a destra e a sinistra della grande navata sono ricoperti da nicchie di legno dove riposano manichini che rappresentano persone veramente esistite o personaggi che impersonano virtù o vizi. I manichini sono fatti di cartapesta, gli abiti ricavati da veri abiti dell’Ottocento e le armature da quelle realmente usate nel ‘400. C’è anche il boia dei Gonzaga che uccideva i condannati a morte non con una scure, ma con un enorme mazza che schiacciava la testa dei malcapitati – tanto per dirne una!


Altra stranezza che mi ha fatto strabuzzare un po’ gli occhi è il coccodrillo impagliato appeso al soffitto: è uno dei voti dei fedeli che in passato affollavano il Santuario, oggi è lì in bella mostra come simbolo del male che viene cacciato dalla Madonna.

Adiacente all’ingresso della chiesa c’è un piccolo chiostro: io amo molto questi colonnati silenziosi che si snodano attorno ad un giardino interno… Se anche per voi è così non dimenticate di farci quattro passi.

Tour in barca con i barcaioli del Mincio
Una brevissima passeggiata conduce al parco e al piccolo molo da cui si salpa con la barca verde dei Barcaioli del Mincio (Tel. 0376 349292, email: barcaioli@fiumemincio.it, sito web)


L’esperienza in barca per me è stata molto bella perché ci ha accompagnati una guida naturalistica che mentre scivolavamo sulle tranquille acque palustri ci ha raccontato tante tante cose: informazioni sugli habitat delle Valli del Mincio (che è uno dei Siti Natura 2000), gli animali – pesci, uccelli, piccoli mammiferi – che vivono in quest’area a seconda dello scorrere delle stagioni, le piante che brulicano tra l’acqua e la terraferma.
Se tutte le guide sono brave come lo era la nostra – il suo nome è Corrado – potete andare sul sicuro! Ascoltare Corrado che parlava di garzette, garze ciuffetto, gallinelle d’acqua, beccacce (e tutti gli altri animali di cui non ricordo il nome) era bellissimo perché la passione che ci metteva era così tanta che sembrava decantasse poesie.

Navigando tra acque lisce, stormi di cigni e grovigli di fiori di loto ho capito quanto è fragile questo ecosistema. Le lagune sono per loro natura in continua trasformazione, destinate a trasformarsi – con i detriti trasportati dal fiume – in terra ferma. Inoltre l’introduzione di piante, pesci e altri animali che non sono autoctoni di questo ambiente, come i fiori di loto ed i pesci siluro mettono a rischio i pesci, gli uccelli e le piante che da sempre hanno caratterizzato questo contesto.
I fiori di loto per esempio sono tantissimi, ci abbiamo navigato attraverso con la barca: distese di piante a destra e a sinistra ricoprivano l’acqua con le loro grandi foglie. In estate queste piante fioriscono e lo spettacolo è molto bello, ma in realtà la loro presenza fa più danno che altro perché qui ci stanno così bene che si riproducono benissimo, hanno una fitta rete di radici difficilissime da sradicare, e le loro foglie sono così ampie che tendono a soffocare il resto della flora autoctona che rischia di morire. I fiori di loto nelle Valli del Mincio non c’erano fino a qualche decennio fa: sono state importate dall’Oriente con l’idea di utilizzarne i semi per l’industria tessile.

Questo è solo uno dei tanti problemi che toccano le Valli del Mincio, per questo è importante salvaguardarle per permettere a quante più generazioni possibile di godere della loro bellezza.
Eppure se per un attimo ci concentriamo sul nostro essere qui e adesso e osserviamo la natura che ci circonda in questo meraviglioso e caldo giorno d’autunno non possiamo che rimanere ad occhi aperti ad ammirare i riflessi degli alberi sull’acqua, gli uccelli migratori che si preparano ad un lungo volo verso luoghi più caldi, le anatre selvatiche che starnazzano come vecchie comari e i cigni, tantissimi cigni, che nuotano sfoggiando il loro portamento regale.

E quando il sole cala sulla vegetazione delle Valli del Mincio tutto assume un colore arancione, le canne e le foglie sembrano bruciare nell’acqua, l’aria rinfresca e gli animali si ritirano nei loro nidi dopo l’ultimo volo della giornata.

Ecomuseo dei mestieri del fiume
I barcaioli del Mincio attraccano nel piccolo paesino di Rivalta sul Mincio dove c’è un altro importante pezzo di storia locale da visitare: un ecomuseo che racchiude pannelli ed informazioni sul territorio, esemplari impagliati di animali che vivono nelle Valli del Mincio ma soprattutto – la parte che mi è piaciuta di più – antichi utensili ed attrezzi che venivano utilizzati un tempo per la raccolta delle canne.

Dalle barche per trasportare le canne, a quelle specie di mini-zattere da applicare su scarponi e stivali per camminare sui canneti a metà tra l’acqua e la terra. E poi le falci, i richiami per gli uccelli, lo specchietto per le allodole (eh si era un attrezzo fatto di piccoli specchi per attirare gli animali)…

Tanti piccoli pezzetti di vita locale che ormai sono lontani: attività che non si svolgono più, attrezzi ormai dimenticati, tradizioni di una comunità che stanno scomparendo quasi del tutto.
Il museo è piccolo e l’ingresso costa appena € 2, fateci un giretto se vi trovate lì (Ecomuseo dei mestieri del fiume, 46040 Rivalta sul Mincio (MN), tel. 0376/228320, email info@parcodelmincio.it)
Grazie a Parco del Mincio e a Agritur Corte Settefrati per l’ospitalità nell’ambito dell’edutour #TerredelMincio.
Io un pezzo di navigazione del Mincio l’avevo fatto in quinta elementare e mi ricordo che mi era piaciuto un sacco.